Lavoro e carriera purché sostenibili: il work-life balance come responsabilità manageriale?

Il desiderio di un miglior bilanciamento tra vita e lavoro è in aumento. Un numero crescente di persone è meno disposto a sacrificare la propria vita personale per quella professionale. Alle domande sul senso del lavoro e su quanto debba pesare su famiglia e affetti si aggiunge la consapevolezza che di troppo lavoro ci si ammala. Anche i manager nei prossimi anni saranno chiamati a farsene carico?

Work-life balance donna che lavora al computerBilanciare vita e lavoro comincia ad essere per donne e uomini che lavorano un diritto percepito come legittimo e per chi organizza e gestisce il lavoro diventa un dovere a cui rispondere responsabilmente.

Il bilanciamento tra vita e lavoro potrebbe non essere più soltanto una questione personale, ma un fattore distintivo di successo e una sfida manageriale nella gestione delle persone, come messo in evidenza dall’articolo di Marcello Russo e di Gabriele Morandin dell’Università di Bologna (Bologna Business School) e uscito in queste settimane su Affari& Finanza (15 ottobre 2018). Mentre il work-life balance sta nella nostra società maturando come valore in rapporto al lavoro, in molti paesi diventa a tutti gli effetti un diritto.

Si pensi ad esempio al diritto di disconnessione, diventato legge lo scorso anno in Francia o a quanto previsto dalla Risoluzione per il work-life balance approvata dal parlamento Europeo nel 2016 o, ancora, alle differenti formule di congedo parentale, praticate soprattutto nel nord-Europa che mirano a facilitare una migliore conciliazione tra vita e lavoro da parte di entrambi i genitori.

Nell’intento di bilanciare vita e lavoro ciascuno è chiamato ad un atteggiamento responsabile e attivo: anche i manager sono chiamati a fare la loro parte.

Perché è diventato importante il bilanciamento vita e lavoro

Penso che i motivi dell’importanza che sta assumendo il work-life balance nella vita e nel lavoro delle persone siano da ricercarsi in almeno i seguenti tre fattori.

Aleatorietà e disillusione di ciò che il lavoro promette

Conciliazione vita e lavoro e work-life balance, donna che lavora al pc in mezzo ai fioriC’è una diffusa consapevolezza e disillusione rispetto a ciò che l’esperienza del lavoro è in grado di garantire in termine di soddisfazione, crescita e futuro. Si stanno sperimentando temporaneità, aleatorietà e imprevedibilità tra l’investimento nel lavoro (energie, tempo, emozioni) e il ritorno in termini di riconoscimento, sicurezza e soddisfazione. Ci si rende conto della pericolosità di investire troppo nell’ambito professionale perché nel caso (probabile) vengano meno le condizioni faticosamente conquistate si rischiano impatti preoccupanti anche nella sfera personale. Ciò non significa che le persone siano disamorate del lavoro, tuttavia sono e saranno sempre più attente ad investimento che tenga conto di un bilanciamento anche con gli altri ambiti di vita.

Consapevolezza che di troppo lavoro ci si ammala

C’è una maggiore e più diffusa sensibilità e capacità nel riconoscere gli  impatti che il troppo lavoro può avere nella sfera psicologica e in quella fisica. Si è più disposti rispetto agli anni passati a riconoscere il ruolo dell’ansia e dello stress da lavoro in alcune patologie a livello psicologico, fisico e comportamentale. Anche il lavoro da qualche tempo è entrato a far parte delle cosiddette addiction da comportamento ed è compreso come vera e propria forma di dipendenza (workaholism).

Nuove tecnologie e smart working

La tecnologia rende possibile per molte professioni la rottura dell’unità spazio-tempo-azione per cui le attività si possono svolgere da casa, alla sera o in maniera asincrona rendendo potenzialmente possibile l’integrazione del lavoro con la vita affettiva, familiare e sociale. Molte aziende stanno adottando politiche e forme di organizzazione del lavoro riconducibili al cosiddetto smart working a conferma di una tendenza e di una possibilità già percorribile. In questo modo è realistico, anche se complesso,  bilanciare vita e lavoro presidiando gli impegni professionali e occupandosi contemporaneamente degli aspetti familiari e personali.

Work-life balance e responsabilità manageriale

work-life balance e management, stretta di manoIl bilanciamento tra vita e lavoro è per molte persone una sfida personale. Tuttavia, sarà sempre di più anche una sfida manageriale che potrebbe richiedere uno stravolgimento culturale e pratico a coloro che hanno responsabilità gestionali e direttive.

Cura di sè

La sfida riguarda innanzitutto il rapporto con se stessi, la cura di sé e la capacità di un proprio bilanciamento tra vita e lavoro. È difficile che un manager riesca a garantirla alle proprie persone se non riesce a farlo per sé. Qui si apre però una questione delicata perché certe forme di patologia o quasi-patologia, si pensi ad esempio al già citato worksholism o ad alcuni comportamenti ansiosi o compulsivi legati al lavoro, sono spesso nel breve funzionali alla produttività, all’efficacia e all’efficienza.

Evoluzione del controllo

Un altro aspetto riguarderà il controllo. Per molti manager non sarà facile passare da forme di controllo “tradizionali” a forme via via più evolute e responsabilizzanti. Si pensi ad esempio all’orario come misura della quantità di lavoro e al controllo a vista introdotti a fine ottocento con la cosiddetta “organizzazione scientifica del lavoro” e in molti casi ancora in uso. Sono forme di controllo che si faticano a superare nelle esperienze di smart working dove i manager sono chiamati a gestire i collaboratori a distanza e con modalità differenti rispetto al passato.

Potere appropriativo o relazionale?

Anche le forme di potere dovranno necessariamente evolvere da una concezione  appropriativa ad una relazionale, nella quale saranno rilevanti la capacità di leadership, influenzamento e di empowerment.

La cura di sé e degli altri e l’evoluzione delle forme di controllo e potere che il work-life balance richiede, rimandano ad un codice psicologico femminile, per usare il linguaggio dello psicoanalista Franco Fornari, e le competenze di cura e ascolto, contenimento emotivo, tolleranza dell’incertezza dovranno modularsi con le esigenze di direttività, razionalità e sicurezza altrettanto necessarie a garantire un buon funzionamento organizzativo.

Work-life balance e ruolo manageriale: cosa fare?

Il bilanciamento tra vita e lavoro e il cosiddetto paradigma del Sustainable Human Resource Management è una delle sfide che i manager si troveranno a dover in futuro affrontare. Molte aziende si sono già mosse in questa direzione con iniziative a livello organizzativo, formativo, contrattualistico e di sensibilizzazione. Per i manager si tratta di farle proprie, di consolidarle con la coerenza tra intendimento e azione, di dare seguito.

Inoltre, all’interno e a volte al di là delle iniziative proposte dalla propria organizzazione, i manager sono chiamati a mantenersi in salute sul piano psicologico, in particolare sulle questioni legate al lavoro e su ciò che può portarli ad uno sbilanciamento patologico tra vita e lavoro. Lo stare in salute, sul piano psicologico, penso debba essere una delle responsabilità manageriali dei prossimi anni e quella che io chiamo psicoterapia del lavoro potrebbe essere una futura frontiera anche per programmi di sviluppo manageriale.

Si tratta poi di rivalutare gli assunti culturali che hanno orientato la propria prassi manageriale e che oggi e in futuro potrebbero impedirne l’evoluzione verso forme più adeguate. Anche se la cultura, si sa, è come l’acqua per i pesci ed è molto difficile da vedere prima ancora che da cambiare.

Si tratta infine, per chi lo desidera, di dare un’impronta e un senso personale all’interpretazione del ruolo manageriale, anche nella direzione della responsabilità sociale che il tema del bilanciamento tra vita e lavoro chiama un causa. Anche quando gli obiettivi, le direttive, le job description e i sistemi premianti non lo richiedono o vadano addirittura e frequentemente in direzioni differenti.

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